Enrico Ramunni @ Rockerilla #409 settembre 2014

Saper attendere è a volte il più banale dei segreti: Luca Zerman e i suoi Logos, gruppo veronese con vent’anni di carriera alle spalle, hanno lavorato per circa sei anni al loro terzo album (il secondo, Asrava, data peraltro al lontano 2001). La mancanza di fretta ha portato questo affascinante quartetto con due tastiere nella frontline a superare ogni aspettativa, confezionando il più bel disco di rock progressivo classico italiano da diverse stagioni a questa parte. Le influenze del Banco, delle Orme, degli Eloy sono sintetizzate in una miscela sonora personale e cangiante, espressa lungo un concept dalle tematiche esistenziali, dove non sono i testi l’elemneto decisivo della narrazione. Le rigigliose melodie romantiche che si scatenano a partire da “Venivo da un lungo sonno” colorandosi di tinte torride, molto seventies con la successiva “In Fuga” chiariscono fin da subito che sono le parti strumentali ad assumere il ruolo predominante, con le parole che servono quasi da segnalibro per orientarsi nel rigoglioso sottobosco armonico. La sezione centrale è più chiatrristica e dissonante, con l’ottima “N.A.S.” che richiama i Genesis “down on Broadway” prima della sequenza spacey culminante nella trascinante frescura di “Pioggia in campagna” e nell’onirica recitazione su fondale elettronico de “Il rumore dell’aria”. E non sono che le tappe essenziali di una opera maestosamente fuori dal tempo.

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