Intervista www.arlequins.it – Valentino Butti

I LogoS sono una band veronese attiva da quasi vent’anni. Dopo due album autoprodotti a cavallo dei due secoli, nel 2014 hanno pubblicato un interessantissimo nuovo album, “L’enigma della vita”. Li abbiamo incontrati pochi giorni dopo l’uscita dell’atteso nuovo lavoro. Eccone il resoconto.

Benvenuti su Arlequins, ragazzi. Possiamo proprio dirlo: dove eravamo rimasti? 13 anni dall’ultimo album autoprodotto “Asrava”…. Cosa avete fatto in tutto questo periodo… oltre a preparare “L’enigma della vita”…?

LUCA ZERMAN: intanto ringraziamo da subito Arlequins per l’ospitalità e la gentilezza dimostrata.
Troppe cose sono successe, è impossibile in questo contesto descrivere più di 10 anni di attività successivi ad “Asrava”. La band comunque ha principalmente lavorato in studio, “l’enigma della vita” è stato il progetto principale, progetto su cui abbiamo riversato tutte le nostre energie.
Diverse soddisfazioni sono arrivate anche dal palco: abbiamo suonato in rassegne dedicate al progressive, da segnalare l’apertura ai ben più famosi “The Watch”…. Il gruppo ha anche adattato il repertorio in versione acustica proponendolo svariate volte anche in contesti più intimi. Insomma, lavoro in studio ma anche finalizzato al live con una flessibilità significativa, troppa è ancora la voglia di diffondere il verbo prog.

Parlateci brevemente dell’origine del gruppo e della comune passione per un certo tipo di musica non proprio di moda, anzi… Ed il vostro back ground musicale naturalmente…

FABIO GASPARI: Entrai e fondai i Logos insieme a Luca e Alessandro nel lontano 1996. I primi anni furono frenetici, attività live e in studio molto frequente, tuttavia poco dopo la realizzazione di “Asrava” decisi di lasciare il gruppo. Mi ero un po’ stancato di suonare musica rock; il ruolo di bassista e cantante iniziava a starmi un po’ stretto, quindi decisi di tornare a dedicarmi al mio strumento originario, la chitarra acustica.
Le mie radici? Decisamente Floydiane…
CLAUDIO ANTOLINI: Io entrai nella band intorno al 2004. Mi trovai subito bene con tutti loro; musicalmente in sintonia totale con Luca, paradossalmente grazie alla diversità dei nostri stili: lui ama suonare strumenti “vintage” come l’organo Hammond e il minimoog, io invece mi dedico per lo più al pianoforte, e quando suono i synth, amo ricercare e sperimentare con la sintesi.
La mia indole è inevitabilmente la più classica della band. Lo studio del pianoforte mi ha accompagnato per svariati anni. Amo anch’io particolarmente il repertorio Floydiano. Per quanto riguarda il prog. Italiano ti direi: Banco del mutuo soccorso!
ALESSANDRO PERBELLINI: Anch’io sono stato un fondatore. Andammo avanti per alcuni anni, componendo nuove canzoni e suonando dal vivo; finché, nel 2005, decisi, seppur a malincuore, di lasciare i Logos, perché, dopo anni di musica prog, sentivo il bisogno di fare nuove esperienze, affrontare altri generi musicali, cose più leggere, spensierate fuori dai meccanismi cervellotici di questa corrente. Il mio trascorso è da chitarrista in ambiti sicuramente più pop.
LZ: Ho fondato i Logos con Fabio e Alessandro nel 1996. Ho trovato da subito la mia dimensione in questo gruppo. Qui ho potuto esprimere tutto me stesso musicalmente parlando ma non solo. E’ la convinzione e la consapevolezza che da questi elementi potesse nascere qualcosa di buono che mi ha fatto proseguire tenacemente su questa strada. Non è stato sicuramente facile, in tanti anni, soprattutto quando ci sono da incastrare molte situazioni, da quelle lavorative a quelle familiari ecc. Ricordo quando anche Alessandro se ne andò… l’avventura dei Logos sembrava ormai conclusa!
Verso il 2007 tuttavia Fabio tornò con noi, questa volta in veste di… batterista! Da qui la necessità di reinventarsi ancora una volta per riuscire a portare avanti il marchio Logos e la produzione di materiale originale. Essendo anche sprovvisti di bassista la simulazione di tale strumento fu delegata a me, un po’ come ai tempi del buon Manzanarek… mamma mia che vitaccia…!
Provengo dal pop anch’io…. Chi mi cambiò la vita? Rick Wakeman (folgorazione totale); Le Orme su tutti.
FG: La mia intenzione era di suonare la batteria provvisoriamente; quando avremmo trovato un batterista sarei tornato al basso. E invece sono rimasto dietro allo strumento per ben sei anni! Come dicevo il mio contributo fu molto “Masoniano”, da qui provengo, da qui attingo…

Facile intuire che “L’enigma della vita” sia la vostra opera più ambiziosa, non solo per averci dedicato dieci anni. Parliamo, per ora, invece dei vostri primi due lavori. L’omonimo del 1998 e “Asrava” del 2001… Con i limiti dell’autoproduzione mi paiono però dei lavori piuttosto interessanti. La lunga suite “Il grande fiume” sull’album d’esordio ad esempio…

FG : L’album omonimo del 1998 lo registrammo con un vetusto registratore analogico a otto piste che nessuno di noi sapeva usare come si deve; fu per questo motivo che il risultato fu modesto dal punto di vista della qualità sonora.
LZ: Il brano di cui siamo più orgogliosi è “Il grande fiume”. Inizialmente era una mia canzone che durava in tutto un paio di minuti ispirata a “Siddharta” di Herman Hesse. L’originaria essenzialità del brano fu in breve tempo distorta in un contenitore infinito di idee. Ognuno di noi iniziò ad aggiungere frammenti su frammenti senza limiti o restrizioni; alla fine, senza volerlo, finimmo per creare una suite!
AP: In questo disco si sente molto l’influenza delle Orme e in generale del prog italiano anni ’70, ma anche di band come Pink Floyd e Genesis capisaldi assoluti e non solo per i Logos.
LZ: In definitiva è un album imperfetto, “acerbo” ma di cui ancora oggi siamo molto orgogliosi. Non abbiamo registrato qualità in quanto tale ma tanto cuore, entusiasmo e voglia di fare.
FG: “Asrava”, del 2001, è stato realizzato in modo assai migliore. Questa volta abbiamo registrato in digitale e a piste separate, in modo che ognuno di noi potesse dare il meglio con il suo strumento. Fu registrato con uno dei primi Mac portatili dell’epoca… con un grande amico Simone Chiampan nelle vesti di fonico ed esperto in informatica (e chi non ha un amico esperto in bit, byte, mega e giga? ) presente oltretutto come ospite ne “L’enigma della vita”.
LZ: E’ questo un album più aggressivo rispetto a “Logos”: la ritmica è più veloce, le tastiere e la chitarra hanno suoni più cupi e il basso è più ritmico e presente. E’ questo il periodo in cui la visione musicale dei Logos si fa più tecnica e “squadrata”, la ricerca di passaggi e temi articolati è presente in maniera abbastanza ossessiva…
FG: Nelle canzoni ci sono momenti che possono vagamente ricordare i King Crimson degli anni ’90, quelli HEAVY di “VROOOM” o “CONSTRUKCTION OF LIGHT”, per intenderci.
LZ: Inoltre abbiamo sperimentato stili e sonorità inusuali per il prog classico: nel brano strumentale “Asrava” c’è un passaggio funky in cui suono il flauto traverso in maniera minimale, psichedelica sicuramente non convenzionale.
AP: Sempre nello stesso brano, nel bel mezzo di un passaggio dall’atmosfera rilassata e sognante si sente… una tromba. Un amico, Alessandro Foroni è il responsabile di tale intervento.

Non avete pensato di registrare nuovamente qualche brano dei due album precedenti, soprattutto del primo del quale non siete soddisfatti della resa sonora…?

CA: Abbiamo discusso sull’eventualità di reincidere il primo album, ma alla fine abbiamo preferito concentrarci sulle nuove canzoni. Se tutto andrà bene, finiranno nel prossimo album che inizieremo a incidere fra qualche anno. Questa volta non ci metteremo tredici anni!

La maturazione artistica da “Logos” a “L’enigma della vita” è più che evidente. Quasi del tutto svanite certe influenze più che legittime (le Orme su tutti) ed un suono sempre più personale ed articolato…

FG: E’ il nostro album della maturità; abbiamo passato anni in sala prove a perfezionare e abbellire ogni più piccolo passaggio delle 11 canzoni contenute nel cd, e siamo felici che il risultato si senta!
CA: L’album ci piace perché a livello sonoro e compositivo è un riuscito compromesso tra le magiche atmosfere degli anni ’70 e un sound moderno e in linea con i tempi. E’ in assoluto il nostro lavoro più personale.
LZ: Personalmente sono molto contento del lavoro che abbiamo svolto io e Claudio: anche se nell’album le tastiere occupano un ruolo di primo piano, non sono mai invadenti, o almeno a noi sembra così. La complementarità di parti e sonorità credo sia riuscita bene.
AP: Durante la lunga realizzazione dell’album ho partecipato solo come special guest in un brano, ed ora è bello per me dopo tanto tempo essere tornato a far parte dei Logos. Entusiasmo, passione e voglia di nuove sfide hanno ripreso prepotentemente spazio nelle mie prospettive/prerogative.
FG: ed io sono contento di tornare a suonare il basso. Mi sono divertito a stare dietro la batteria, è stata una bella esperienza, ma ora Alessandro darà al sound della band uno stile più vigoroso e frizzante.

Immagino sia stato importante in sede “live” il presentare anche delle cover di gruppi storici come le Orme, appunto, ma anche il Banco, i Genesis, i King Crimson. Alle difficoltà tecniche che spesso tali brani presentano e la conseguente doverosa crescita strumentale della band, si abbina la (relativa) facilità di avere delle serate a disposizione, senz’altro più facile come cover band (magari piazzando anche qualche brano originale) che non come formazione che presenta materiale originale, a meno che non si tratti di festival prog ovviamente…

LZ: Oggi la gente chiede solo cover, non ha più né voglia né curiosità di ascoltare cose nuove. Ma in questo modo il rock farà la fine della musica classica, un mondo mummificato, dove gli orchestrali ripetono all’infinito le melodie di Bach, Mozart… servono idee, passione, convinzione e un sano spirito di sacrificio. Un gruppo e un progetto non si portano avanti semplicemente, nulla è regalato, nulla è scontato…
AP: Durante i nostri concerti diamo spazio principalmente alla nostra musica, ma qualche “classico” delle Orme o dei PFM non manca mai! Il pubblico ha bisogno anche di riferimenti certi, non ci si può esimere da certi “classici”.

Sin da subito la scelta è stata quella di esprimersi in italiano…

CA: Molte prog band italiane cantano in inglese, forse per scopi commerciali e perché l’inglese è lo “standard ufficiale” della musica rock. Noi, invece, cantando nella nostra lingua, abbiamo voluto enfatizzare la nostra provenienza, siamo italiani volenti o nolenti, ci contraddistingue una forte componente melodica che ci caratterizza da sempre e da tutti. Perché non portarla avanti e promulgarla orgogliosamente? Non “vogliamo fa gli americani, siamo nati in Italy”… La nostra lingua non è “ritmica” come quella inglese, ma ha una sua profonda bellezza. Il mercato estero ci apprezza per questo. Noi continueremo su questa strada senz’ombra di dubbio.

Tornando al secondo album “Asrava”, il termine “appartiene”, per così dire, alla religione buddista. Come è avvenuto questo interesse per la spiritualità orientale?

FG: Nella dottrina buddista gli “asrava” sono i quattro influssi negativi che impediscono all’uomo di ottenere l’illuminazione. Sono da sempre appassionato di religioni e filosofie orientali; restai affascinato da questo termine; lo proposi alla band come titolo per una canzone e, come si suol dire… il resto è storia!

E veniamo a “L’enigma della vita”, il vostro nuovo lavoro. Un concept, come nella migliore tradizione progressive, che affronta il mistero della vita umana. Argomentino facile facile immagino… Come è nata l’idea di affrontare l’argomento e come sono nati i testi che, per forza di cose (visto quanto trattato), necessitavano di particolare attenzione…?

FG: Ogni essere umano si chiede almeno una volta nella vita qual’è lo scopo della sua breve permanenza su questo pianeta, e soprattutto, se resterà qualcosa della sua essenza dopo la dissoluzione del nostro corpo mortale. I nostri testi ovviamente non pretendono di dare una qualche risposta a questi interrogativi; li si potrebbero definire degli umili e sommessi “inviti alla riflessione”.
L’isipirazione nacque comunque da una copertina di “Focus”, il titolo recitava proprio così: “l’enigma della vita”. Troppo affascinante per non svilupparci qualcosa…

Gli ultimi sviluppi, l’abbandono del chitarrista Massimo Maoli ad esempio, vi costringeranno a rivedere certi arrangiamenti o state cercando un sostituto per presentare al meglio l’album?

LZ: Ci piacerebbe avere di nuovo un chitarrista, il problema è che di chitarristi blues e hard rock se ne trovano a dozzine, trovarne uno appassionato di prog è un’impresa non facile! Fortunatamente, anche senza più la chitarra elettrica, gli arrangiamenti delle canzoni non hanno subìto grossi mutamenti.

Mi dicevate che il nuovo lavoro sta avendo dei buoni riscontri all’estero e soprattutto in estremo oriente, terra da sempre sensibile a certe sonorità. Ora c’è da farsi conoscere anche da noi. Avete in programma qualche concerto, magari la presenza a festival estivi…

CA: L’estero e in particolare l’oriente è terra ricettiva in materia di progressive. L’RPI soprattutto è particolarmente amato dai giapponesi. Abbiamo avuto comunque avuto forti riscontri anche in USA senza contare Russia, Belgio, Olanda, UK,Norvegia, Polonia ecc… insomma il prog. È vivo…
Concerti, idee e progetti sono in pentola a bollire…l’autunno comunque sarà appannaggio dell’”enigma della vita”. Qui nel nord sicuramente…

Tra i titoli de ”L’enigma della vita” c’è n’è uno un po’ particolare. “N.a.s.”……

LZ: Non c’è un particolare significato per questo brano. N.A.S. è un acronimo nato in una sera di prove, tra un riff e l’altro. Il mistero è la prerogativa di questa canzone, mistero che si riflette come ulteriore enigma nella vita dell’ascoltatore…

Un’altra cosa che mi ha colpito è la splendida copertina e le foto interne del booklet, anch’esse molto belle…

LZ: La copertina e il libretto contengono foto di un amico, Fulvio Saiani. Il suo “occhio” e la sua maniera di scattare mi hanno colpito da subito. Non ritengo le sue opere come qualcosa di prettamente documentaristico. Sono vere e proprie trasposizioni della personalità di un’artista. Un artista in quanto tale non vede mai ciò che è nella realtà, un artista vede le cose con la sua personalissima e soggettiva interpretazione. Il suo modo di intendere la fotografia mi fa sentire particolarmente vicino al suo mondo.
Ritengo oltretutto che i suoi scatti siano pervasi da un pathos e una sensualità unica, nella copertina avverto una sorta di spiritualità. Un cancello aperto, (cit. ”per non so dove”) credo abbia un fascino carico di mistero ma anche di speranza.
Per quel che mi riguarda copertina e booklet hanno un importantissimo valore e peso sulla valutazione che io do al disco. Ritengo siano piccole opere d’arte le foto contenute nel nostro lavoro. Ringrazierò sempre Fulvio per averci messo a disposizione le sue gemme.

…mentre nella copertina del secondo album era rappresentato un quadro che ricordava qualcosa di De Chirico…

LZ: E’ un mio dipinto a olio molto influenzato da De Chirico durante il suo periodo “metafisico”. Devo dire che ben si adatta all’atmosfera cupa di “Asrava”. Ho sempre pensato che musica e pittura fossero un qualcosa che viaggia parallelamente, per questo la mia passione per l’arte.

Per chiudere… fatevi una domanda che vi piacerebbe vi fosse rivolta e che non vi hanno invece mai posto… e rispondete naturalmente!!!

LZ: Diciotto anni insieme non sono pochi… abbiamo ancora la stessa voglia di scrivere canzoni e suonare insieme che avevamo all’inizio?
FG: Assolutamente sì. Abbiamo ancora lo stesso entusiasmo di un tempo, e questo nuovo album lo dimostra!
AP: Molti nostri amici che vent’anni fa iniziarono a suonare insieme a noi hanno abbandonato da tempo la passione per la musica… noi non potremmo mai farne a meno; la musica ci mantiene giovane il cuore e ci dona l’energia per affrontare le difficoltà della vita quotidiana nel migliore dei modi.
CA: Fondamentalmente siamo quattro amici che una sera alla settimana si trovano in sala prove a suonare e comporre nuove canzoni, ma soprattutto, a divertirsi e stare bene insieme.
LZ: Ultima domanda forse la più enigmatica: vedrà la luce un nuovo lavoro? Io ci scommetto, e voi?

Grazie ancora ragazzi. E non fateci aspettare altri 13 anni…

LZ: Ci puoi contare!

Grazie, alla prossima.

http://www.arlequins.it/pagine/articoli/corpointerviste.asp?chi=324

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