Magazzini inesistenti

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Magazzini inesistenti: La bambina e la bomba, Sadako e “Little Boy“. Morire a soli tredici anni per una leucemia indotta dalle radiazioni di un ordigno all’uranio. Sono trascorse settantacinque estati da quel mattino d’agosto in cui il cielo di Hiroshima improvvisamente si colorò di morte e distruzione. Un olocausto di vite innocenti, una pagina rabbrividente della storia moderna, l’ennesima occasione persa per imparare qualcosa dagli errori commessi.

Un dolore infinito che non ha impedito alla macchina bellica di arrestarsi anche un solo attimo, moltiplicando a dismisura efferati conflitti negli angoli più reconditi del pianeta ad amara conferma di quanto tutto ciò rappresenti un aspetto imprescindibile della contraddittoria natura umana. “Quante Sadako ancor oggi guardan negli occhi una bomba che brilla…”

Dopo aver esplorato gli abissi oscuri dell’essenza umana con “L’Enigma della Vita” (2014) il quartetto scaligero LogoS, attivo dal 1996, torna in questi giorni sulla scena discografica con un inedito concept-album madido di propositi pacifisti che ripercorrano la tragica vicenda di una delle piccole vittime della deflagrazione atomica del 6 agosto 1945.

Una profonda testimonianza contro ingiustizie e soprusi che non è passata inosservata nella tristemente nota città giapponese dove si è deciso di custodire ed esporre all’interno del celebrativo Peace Memorial Park, accanto alle rovine del Gembaku Dome, una copia di “Sadako e le Mille Gru di Carta” (2020). “Chi piegherà mille gru di carta vedrà i propri desideri esauditi”.

Emblema dei bambini “avvelenati” di HiroshimaSadako Sasaki dedicò gli ultimi mesi della sua fugace esistenza terrena a realizzare origami a forma di gru con qualsiasi strappo di carta le capitasse sotto mano, scatole di farmaci compresi, nella flebile speranza, malinconicamente disattesa, di una guarigione.

sei movimenti di “Sadako e le Mille Gru di Carta” scritti da Luca Zerman e Marco Zuffo custodiscono l’essenza di questa leggenda orientale sospesa tra echi di immortalità e spirituale perfezione estetica. Un ispirato progetto di chiara matrice rock sinfonica (quattro le tracce con durata superiore ai dieci minuti) con hammond, synth e pianoforte a sostenere “la parte del leone” e una incisiva componentnarrativa incastonata tra articolati cambi ritmici, tempi dispari e solenni aperture di genesiana memoria.

A dar manforte a Luca Zerman (voce e tastiere), Fabio Gaspari (basso, chitarra e mandolino), Claudio Antolini (pianoforte e synth) e Alessandro Perbellini (batteria) intervengono il sassofonista Federico Zoccatelli in Paesaggi D’Insonnia (“Ma il bagliore del cristallo e il sole giallo, in un lampo dalle tende annerite, come un vento ammiccarono a foglie d’argento”) e la vocalist-tastierista de Il Tempio delle Clessidre Elisa Montaldo ne Il Sarto (“Con lembi di nubi fasciava il suo corpo e strappando dal cielo un pezzetto di tiepido azzurro lucente, copriva con niente le spalle perfette”).

L’accurato artwork di copertina è impreziosito dalle presenze di alcune tele realizzate da Marica Fasoli, pittrice di arte contemporanea nata a Bussolengo famosa per la sua serie dedicata agli origami e vera fonte ispiratrice di un progetto di estremo interesse e dai convincenti contenuti musicali. Una leggiadra figura di carta dalle sfumature prog nello scintillio di un sogno spezzato.

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